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martedì 31 marzo 2015

5 anni



5 anni. Ero in un pub di Monaco. Ci ero arrivato tardi, mi ero dovuto fare due ore di treno per arrivare (ero in quel periodo della mia vita in cui ero sempre lontano). Avevo deciso di andare alle 5, ero arrivato alle 8. Sarei ripartito alle 9, per arrivare a mezzanotte. Tanta fatica per bere una birra (non credo mi sarebbe stata nemmeno offerta: non era tradizione pagare il giorno del compleanno) e poi ripartire mestamente verso la notte e le conifere (erano conifere?). 

5 anni, c'era Barcellona Arsenal in TV, Messi aveva fatto 3 gol giocando da falso nueve, il locale era carino. Il regalo (ma quanti erano? Non ricordo aver penato tanto in vita mia per trovare uno, due, tre, cinque, dieci regali che trasmettessero qualcosa, che vivessero di vita propria, che parlassero per me), insomma il regalo gliel'avevo dato il sabato prima (sì, anche il sabato mi facevo X ore di treno per andarla a trovare: ero in quel periodo della mia vita in cui facevo tante cose senza senso). 

5 anni. Ero davanti alla mia birra, una weiss (cazzo non ricordo come si fa la doppia s con il keyboard: il computer è lo stesso di 5 anni fa, ma la memoria ha cancellato le cose utili), c'era lei, c'era la sua simpaticissima amica svedese (ero in quel periodo della mia vita in cui uscivo veramente con persone assurde), c'ero io un po' stanco, sorridente, e con qualche maglietta simpatica (c'era anche Messi che faceva ancora un gol). Non ricordo una sola parola, anzi ricordo che avevo fame, ma pensando avrebbe offerto lei la cena avevo tipo 10 euro con me che non bastavano a compare una pizza, quindi pazienza avrei aspettato di prendere la U-Bahn, di arrivare alla stazione centrale (Hauptbanhof?), prendere il treno, viaggiare due ore, tornare in mezzo alla neve, aprire la porta di casa (no, non era casa mia) e cercare un pezzo di pane (così sembra troppo drammatica. Però avevo fame davvero quella sera).

5 anni, insomma, dopo poco ero di nuovo per strada, faceva un freddo assurdo (ero in quel periodo della mia vita in cui stavo sempre in posti gelidi), dovevo coordinarmi, la metro, il treno, la fatica, il sonno. Non ricordo come ci salutammo, ma ho bene in testa che io uscii, lei dietro di me per dirmi ciao (o rimproverarmi per qualcosa?), e come al solito disse o fece o lasciò intendere qualcosa di sgradevole. Ricordo di ave messo i piedi uno di fronte all'altro, e non ero nemmeno triste, nemmeno deluso. Ero in quello stato di perenne smobilitazione, quando oramai le truppe nemiche avanzano, hanno vinto la guerra e te sei lì a difendere un fortino inutile sia tatticamente che strategicamente, e lo fai per una ragione che oscilla tra ostinazione ed abitudine. Ero il giapponese del 45, senza però avere quel fottuto orgoglio nazionalista. Ero il giapponese con la testa del messicano.

5 anni e me ne tornavo a casa da solo, per le strade di Monaco, Messi aveva fatto 4 gol, vicino a me nemmeno un cane per dare un senso eroico alla serata. Era la vita di 5 anni. Era una periodo della mia vita in cui non ero molto felice.

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