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giovedì 29 settembre 2011

Hey That's No Way To Say Goodbye - Leonard Cohen




Yes, many loved before us
I know that we are not new,
In city and in forest
They smiled like me and you,
But now it’s come to distances
And both of us must try,
Your eyes are soft with sorrow,
Hey, that’s no way to say goodbye.

mercoledì 21 settembre 2011

Non aprire quella foto


Dovevo scrivere una cosa su Füssen, sì, quella città tedesca col Castello di Neuschwanstein.
Insomma, dato che c'ero stato, e che avevo per l'appunto appena scritto due boiate (non andate mai a visitare quel maledetto castello), mi toccava anche scegliere un paio di foto da allegare. Di mie foto.
Le foto, purtroppo, coinvolgono più delle parole. Malgrado sia passato più di un anno dal 1o di Settembre, evito ancora con cura maniacale di vedere vecchie immagini, leggere frasi, post, rispolverare regali. La roba fisica (una macchina da scrivere, due magliette, otto lettere, qualche decina di biglietti aerei/ferroviari, quadernini, un mezzo involucro di un preservativo - sì mezzo -, quattro libri e altre cose simili) sta in una scatola sotto al mio letto. Le foto invece boccheggiano in una cartella sperduta dell'hard disk. Ma oggi dovevo aprire la cartella.

Dovere fare una cosa, non implica l'essere pronti. Così, m'ero ridotto dapprima a coprirmi parte degli occhi con le mani, per non vedere per bene la foto, e poi a coprire parte dello schermo con un foglio. Intanto andavo avanti: dovevo cercare immagini neutre, senza la presenza dell'essere diabolico. E così, un osservatore esterno e neutrale, avrebbe potuto vedere un idiota, disteso sul suo letto, che aveva ricoperto parte del display con un pezzo di rivista e usava una mano per cliccare ed un'altra per coprirsi l'occhio sinistro. L'osservatore imparziale avrebbe forse anche dedotto che le cose non si erano chiuse benissimo tra il coglione sul letto e la ragazza il cui viso risultava perennemente coperto.

Ma tutto s'era risolto nel migliore dei modi: lei se n'era andata, lui aveva taciuto per un soprassalto di dignità, e ora stava sul letto, con feroce paura dei pixel del passato.

Una volta trovato le foto che potevano fare al mio caso, avevo chiuso con sollievo incredibile la cartella. La guerra era finita. No, niente americani a distribuire sigarette, nessun Piano Marshall. S'era solo passati dalla dittatura dei sentimenti a quella dei ricordi sfuggiti.

A ciascuno le proprie miserie.

venerdì 16 settembre 2011

Non l'ha data - Santa Maria Arcuri


Lo sbigottimento popolare, il gaudio sui social, e l'assunzione di Manuela Arcuri a Nuovo Leader Morale del paese, per il fatto di non aver concesso (sembrerebbe) i propri servigi sessuali al Presidente del Consiglio in cambio della conduzione di Sanremo, è davvero la misura di quanto il paese sia caduto in basso. Di come fenomeni del passato quali l'etica, la moralità e la serietà siano oramai, appunto, vestigia preistoriche. Siamo talmente assuefatti alla corruzione, al voto di scambio, a liste elettorali compilate in camera da letto, tra un orgasmo a pagamento e l'altro, che la notizia di una starlette che non ci sta diventa un fatto rimarcabile, notevole. Sensazionale. La Arcuri diventa il leader etico di una nazione perché s'è comportata, pare, con normalità. Rifiutando di far passare il proprio successo attraverso le sue cosce. Le prospettive sono ormai ribaltate. C'è gioia orgasmica ed isterica per la legalità ed indifferenza nei confronti del malaffare, della mala politica, delle lenzuola sporche.
In un paese normale, probabilmente, fermo il fatto che la Arcuri non guadagnerebbe cento volte lo stipendio di un ricercatore, la notizia non sarebbe che una showgirl non si sia adagiata in camera da letto per ottenere i favori del potente di turno, ma il fatto che la massima carica politica del paese, pare, chieda ad un oscuro faccendiere di rimediare per la notte 3 kg di zoccole, 2 di letterine e un po' di donne immagine.
In un paese normale, non sarebbe normale tutto ciò. In un paese normale, questo post dovrebbe essere dedicato alla ragazza con la quale sono uscito 3 settimane fa e non alle mancate performance sessuali del vecchio satrapo che ci governa.

martedì 13 settembre 2011

Ciò che è giusto e ciò che non lo è - Libertà


Reduce da una traversata in nave dalla durata di minuti 60, ero appena rimasto scioccato (o shockato?), ed ero sbarcato con fiducia sempre minore nel genere umano. Sì, perché mentre io leggevo con sobrietà Libertà, di Franzen, seduto su una panchina sul ponte numero 6, nave Moby e con lo sguardo che ogni tanto tradiva le pagine per guardare verso il mare (senza darmi arie poetiche, sia chiaro), si erano avvicinato ai miei poveri occhi due coppie di 25-30enni anch'essi diretti all'isola in questione.

Ora, tutto è lecito, chiaro. Anche essere coglioni, altrimenti il mondo non soffrirebbe di problemi di sovrappopolazione. E' concesso persino andare in vacanza in 4, due coppie, una macchina e zero cervelli. Davvero, è concesso. Ma è giusto mettersi di fronte al sottoscritto, conversando di idiozie colossali in un italiano approssimativo? Rispondo io, Sì, è giusto.

Ed è giusto lasciare accanto a me il proprio marsupio per poi controllarlo con lo sguardo ogni 2 minuti, nel timore che io possa rubarne il prezioso contenuto (5 euro? Un preservativo alla fragola? Un buono per lo sbiancamento anale? La foto di mamma e papà quando si sposarono 40 anni fa, brutti e poveri?), insomma è giusto lanciarmi a turno occhiate malevole - te hai la faccia strana, con quel tuo libro - e sospettose? Sì, è giusto.

Ed è giusto riuscire ad essere, malgrado madre natura non sia stata ingenerosa, così brutti e sgraziati per il modo di porsi, conversare, agitarsi e ridere? E' giusto, ancora.

Quello che però non è giusto, ma persino intollerabile e che a 5 metri di me, sia permesso di fare foto stile Titanic (lui dietro di lei, modalità teloappoggiocontroilculo, che le tiene le braccia mentre scrutano l'orizzonte), senza nemmeno quella parvenza di ironia, finta, che di solito accompagna questi scatti. No. Foto serie, alla Titanic. Ecco, questo non è giusto. E cozza contro la mia libertà di non assistere quotidianamente allo scempio che l'umanità perpetra contro sé stessa.

Il ritorno non l'ho fatto in nave, ma a nuoto. E' risultato meno faticoso.

giovedì 8 settembre 2011

L'uomo che amava le donne


Alla prima avevo dato un bacio dentro la Ricordi. In mezzo ai dischi internazionali.
Una l'avevo conosciuta un giorno per strada, e ci eravamo baciati 10 minuti dopo.
Da una era stato abbandonato in modo abbastanza traumatico.
Con una ero stato un mezzo cane, non per colpe mie, ma comunque non ero fiero di me.
Con lei ero stato dolce come lo sono gli adolescenti ingenui e volenterosi.
Con una ero andato al cinema, a vedere un bel film.
Ad una avevo scritto una poesia in treno e gliel'avevo regalata prima di scendere.
Con quella pensavo mi sarei sposato per complicità ed abitudinarietà.
Con una volevo fare un figlio.
Una non l'ho mai conosciuta.
Giovanna l'avevo portata a bere una cosa ed avevamo parlato tutta la sera senza mai più rivederci.
Alla meravigliosa cassiera della Risp non avevo mai rivolto la parola.
Con una passavo un sacco di serate divertenti.
Con Sara avevo impiegato 2 anni per farmi dare un bacio. Non proprio.
Una m'invitava ogni fine settimana da lei, ma io ero impegnato.
Ad una non era piaciuto.
Una l'avevo portata in giro per mezza europa.
Una era rimasta innamorata il tempo d'un caffè.
Un'altra mi riteneva un coglione. Anche un'altra ancora.
Una voleva solo fare sesso, ma io volevo vedere film.
Una la volevo fermare in metro per quanto era bella, ma ne mancò il coraggio.
Una m'aveva fatto conoscere scrittori meravigliosi.
Una non capiva che io non volessi tradire un'altra. Sei proprio un coglione senza palle.
Con una m'ero dimostrato un senza palle.
Una mi piaceva ai tempi della scuola materna. Era di colore, mi pare.
Per una ero andato via di casa.
Una l'avevo abbracciata una notte e le avevo detto cose che allora pensavo, ma che ora sembrano ridicole.
Una l'avevo desiderata morta.
Una m'aveva dato tutto e poi s'era ripresa ogni cosa.
Ad una avevo sorriso e lei aveva ricambiato e poi era passato l'autobus.
Una da internet pensavo fosse una persona strafiga ma ancora non l'avevo conosciuta.
Con una mi comportavo bene, ma lei pensava fosse male.
Una la portai a sentire De Gregori.
Di una me ne innamorai senza averla nemmeno sentita parlare.
Una mi ricorda con amore.
Una verrà al mio funerale.
Una..

Lasciando l'Hauptbahnhof di Monaco


Me ne sono andato via un anno fa. Non ricordo se fosse l'8 o il 9 settembre. Mi piace pensare che sia stato l'8: rende la cosa densa di sapori metaforici. Ho già scritto troppe volte del viaggio, della speranza di trovare qualcuno che mi corresse in contro alla stazione, piangendo, implorando e sussurrandomi frasi sceme e dunque vitali. Sì, ho già detto tutto.
Sono arrivato a Termini alle 9 di sera. C'era mio padre che non vedevo da 10 mesi che m'aveva comprato un libro di Marco Travaglio. Una raccolta dei suoi articoli sugli anni (ridicoli) del Governo Prodi. Credo fosse la prima volta che mi vedeva piangere, dopo i 12 anni. C'era mia sorella che era contenta di riavermi a casa, dopo i 2 anni da giramondo. Mia madre m'aveva fatto trovare una bottiglia di vino. "Che bello riaverti a casa". Abbiamo visto l'ultima puntata di True Blood. Ci avevo trovato alcune analogie con la mie ultime vicissitudini. Ma si sa, quando s'è disperati non si pensa più in modo razionale e si cercano punti di contatto con qualsiasi idiozia. Pochi giorni dopo sarebbe iniziata L'Oktoberfest a Monaco. Avrei dovuto passarci grasse serate imbevute di aspettative. Ma di condizionali, si vive e spesso si muore.
Me ne sono andato un anno fa. I passeggeri del trenino regionale che mi portava alla Stazione Centrale di Monaco mi guardavano incuriositi. Il ragazzo con tutte le sue valigie, la tracolla, un quotidiano in inglese, una rivista italiana, il biglietto tedesco e le lacrime europee. La stazione di Monaco era fredda, organizzata e senza troppe speranze come l'avevo trovata il giorno in cui ero arrivato, quasi un anno prima. In un certo senso i venti del fallimento già soffiavano prima ancora d'iniziare. Solo che quando si rifiuta di guardare le cose per quelle che sono, s'è felici ed assolati anche su Plutone. Già.


A mano a mano si scioglie nel pianto
Quel dolce ricordo sbiadito dal tempo
Di quando vivevi con me in una stanza
Non c'erano soldi ma tanta speranza
E a mano a mano mi perdi e ti perdo
E quello che è stato ci sembra più assurdo

martedì 6 settembre 2011

All out of love



M'ero messo vedere Animal Kingdom, un bel film forte e sgradevole di David Michôd. Ad un certo punto era comparsa una vecchia canzone anni '80, All out of love degli Air Supply. E' chiaro: più la canzone contiene un testo comune, più è facile sentirla propria per gli scemi qualsiasi. E io sono il sindaco degli scemi. Il loro rappresentante sindacale.
Insomma, era comparsa All out of love, e improvvisamente, in modo epifanico e un po' grottesco avevo avuto la vaga percezione, non che stesse parlando di me (si vabbè, lo faceva, ma who cares?), ma di essere sentimentalmente inutile, o forse, meglio, incapace di provare amore. Emotivamente inutile. Ancora pronto ad indignarmi contro le nefandezze del governo, le condizioni miserabili in cui versava la classe lavoratrice italiana (quei pochi che lavorano davvero), il razzismo strisciante e l'antisemitismo nascosto. Ma non riuscivo più a provare amore per nessuno. Non che prima dispensassi cuoricini a destra e manca. Ma ogni tanto, una volta ogni 5 anni, succedeva. Ora non più. Certo, bisognava dare tempo alla vita. Per succhiarti via le ultime energie o per fornirtene di nuove, vigorose ed inaspettate. Intanto ti rimanevano le giornate sceme passate al mare in Sud America, le follie mentali (tornare in Italia due anni dopo con pupo al seguito e fare una sorpresa scema ai tuoi), i progetti falliti, All out of love nelle orecchie e la bottiglia di vino che era finita. Domani ne avrei dovuto comprare un'altra.

La Cgil protesta - Morto che parla


Convocano uno sciopero generale. Non si sa bene contro cosa. Contro una manovra finanziaria che nemmeno avranno letto. Ma loro sono i paladini dei diritti. Degli ultimi. Dai lavoratori.
C'è mezza Italia che vive in condizioni di precariato stabile: ovvero durevole, istituzionalizzato, senza prospettive, ma di questo il nostro glorioso sindacato non pare curarsi. Meglio difendere gli interessi di bottega dei lavoratori statali (l'apice della produttività italiana), o cercare di spuntare rinnovi di CCNL più vantaggiosi per chi ha contratti fissi. Sì, il sindacato deve pur difendere l'1% che preleva dalla busta dei gloriosi lavoratori, diamine.

Non è economicamente proficuo difendere chi una busta paga normale non ce l'ha: non porta soldi al sindacato.
Non è politicamente vantaggioso dare una mano a chi non ha diritti: a che pro? Cosa c'è di profittevole per una istituzione che dovrebbe tutelare i lavoratori, nel tutelarli davvero?
Non conviene andare in TV a parlare seriamente di precari, di due generazioni che non riescono ad andare via di casa, per le quali l'unico investimento a lungo termine possibile è pagarsi l'hotel per il fine settimana successivo. O il pieno di benzina, quando posseggono una macchina.

Meglio convocare adunate di piazza gremite di 50enni (e pensionati) con contratto a tempo indeterminato che urlano quattro insulti contro Berlusconi, il grande cattivo. Quando l'Ulivo (ve lo ricordate, l'Ulivo?), attraverso Treu, di fatto legalizzò il precariato, la CGIL dormiva.
Mentre 1, 2, 5, 7 milioni di italiani (e stranieri) vivevano (vivono) sulla propria pelle la totale mancanza di certezze, l'abuso dei propri diritti di base, la CGIL dormiva. Faceva grandi patti, e finanziava film.
Mentre venivano creati i mostri cococo, cocopro, stagismo decennale, progetto, partita iva, chiamata ed altre pornografie simili, la CGIL discuteva del rinnovo dei metalmeccanici, e del campionato di serie A.

La CGIL è un altro di quei dinosauri che ci portiamo dietro, come la quasi totalità delle classe politica, dirigenziale ed intellettuale di questo paese. Stanno lì perché devono starci per interessi personali consolidati, perché sono totalmente organici ad un sistema che affonda ogni giorno di più. L'importante non è più il fine originario, ma la conservazione del posto di potere ed i vantaggi ottenuti.

Il giorno in cui i mercati dichiareranno l'Italia insolvente, la CGIL indirà un grande sciopero contro i mercati. E porterà tutti in piazza a gridare slogan contro Trichet, Tremonti o Roberto Baggio. Tanto fa lo stesso.

domenica 4 settembre 2011

La dolce verità


Trascorro una vita dozzinale. Sì, dozzinale: comune, volgare, in cui tutto si sussegue con la classica illogicità delle cose preordinate. Mi alzo, accendo il PC, bevo un birra con gli amici, credendo di dire cose simpatiche. Scrivo, violento quella povera Moleskine, imbratto il blog, con frasi che non impressionano nessuno (non che stiano qui per quello). Mi muovo con educazione ed ironia in un contesto sociale che m'ha rimpiazzato mentre ero ancora in carica. Disserto di geopolitica e politica interna per diletto, senza che le mie previsioni interessino a nessuno. Non coinvolgono nemmeno me. Respiro e mi agito, mentre le vie si riempiono di fumo. Trascorro serate lasciando che dalla mia bocca escano frasi fintamente brillanti: in un paese di nani, anche un seminano sembra un gigante, ebbe a dire una persona seria, un giorno. Perso nell'inconcludenza tipica, certo, di alcuni grandi geni, ma anche di molti grandi mediocri, brancolo tra grandi idee sotterrate dall'esistenza stessa, e la voglia assurda di bere un bicchiere di vino. Ora vado.

giovedì 1 settembre 2011

Remembering the 1st of September


Dovrei scrivere qualcosa perché oggi è il primo settembre, e quindi, forse, andrebbe celebrato quest'anno trascorso. Forse dovrei fare un post scrivendo frasi invernali, descrivendo tristezze e vantando depressioni.
Il bel ragazzo piangente, che intenerisce la sua vicina di posto sull'autobus. O forse dovrei invece buttare giù qualche riga di strafottenza e goliardia, elencando donne e conquiste, serate e birre, amici e viaggi, spese e foto fatte in serate gioiose. Dovrei fare il distaccato che se ne frega, quello ancora troppo coinvolto che non riesce ad andare avanti, lo scemo con la birra in mano che lancia sorrisi ironici alla ragazza in fondo al pub, il solitario che legge i suoi libri di Saramago e Bukowski sulle scale di Viale Glorioso. Dovrei rendere l'idea di essere sentimentalmente in stato comatoso, pur avendo ancora la capacità di provare emozioni, ma solo dopo il 3o bicchiere. (Contano?)

Dovrei (ri)scrivere che il 1o settembre 2010 è stato il giorno più orribile della mia vita, che son finito a vagare per le vie di Monaco, da Pasing a Kolumbusplatz, saranno stati 6 km, piangendo come un disperato e quindi come un idiota, lasciando messaggi in inglese sulla sua segreteria telefonica, mandando sms imploranti, e finendo a bere una birra con un'amica ucraina. Mi ricordo che le lacrime finivano nel boccale. E lei mi sorrideva. Dovrei magari riservare qualche parola, frase, pagina astiosa nei confronti dell'essere infame.
Dovrei scrivere che della stronza non mi importa più nulla, che A., giace morta e sepolta e che vado avanti.  Dovrei scrivere che trovo un sacco di conforto nei miei libri, il cinema e le persone nuove che conosco. Dovrei scrivere che cancello ricordi, butto vecchi conti di alberghi ungheresi e biglietti della metro tedeschi. Dovrei maledire me stesso, prima di tutto, perché io sono l'unico responsabile della mia vita e dei miei fallimenti, e dare la colpa a vecchie ragazze è ridicolo. La colpa di cosa, poi?

Dovrei scrivere magari di quella sera d'agosto quando andammo a cena dagli amici comuni e un'amica mi disse, sottovoce, mentre scattava la foto: "god, i'd run away in everywhere with a man (?) like u", ammiccando ad eventuali tradimenti. E io mi limitai a risponderle, sottovoce: "sorry i'd never betray a., I can't." Lei però, probabilmente, poteva.
Dovrei scrivere dei viaggi, fatti e progettati, delle birre, delle giornate trascorse a parlare, e dei libri. Dovrei scrivere un sacco di cose, sì.
Però, non mi va più. Aspetterò il prossimo 1o settembre.

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