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sabato 30 aprile 2011

Sabato pomeriggio, Roma


Succedeva che era un Sabato di Aprile, a Roma.

I pomeriggi tedeschi erano ben lontani. Quando ci si alzava alle 8 e si stava fino a notte fonda insieme, senza soldi, si girava per mercatini, alla sera si mangiava un panino (ma non più di 2 euro eh) e si bevevano una o due birre. Ci si prendeva per mano. Si parlava inglese e portoghese. Si scherzava su tutto. Si citava Saramago. Si camminava con i nostri felpini scemi da poveri. Si sorrideva e ci si baciava. Si pianificava il giorno dopo (lei letteralmente, io metaforicamente), si correva per prendere il bus 52 (tranquilli: ce n'era uno ogni 7 minuti), e nei visi c'era una tranquilla e disperata soddisfazione. Le serate tedesche erano lontane e ancora di più quelle austriache. Quando per essere contenti e felici e soddisfatti e pieni di vita, nn serviva nemmeno una birra. Lì bastava davvero solo respirare. Tutto era in divenire, eppure il presente era già perfetto. La Sporgasse era la via perfetta, il cielo di Graz era terso, e la gente simpatica, bella, educata. Tutti eravamo migliori.
Ho scritto al plurale? Scusate: cambiate tutto al singolare. Lei tanto recitava la sua parte. Bene, benissimo.

E ora a Roma, pioveva. Tra poco sarei stato in giro, senza aspettative e senza più troppa vita. Sì, magari al 4o spritz avrei sorriso un po', tanto per. Avrei fatto finta d'essere vivo. Avrei persino riso, forse. Sarei andato al cinema a vedere un buon film (Habemus Papam). Magari avrei persino dato un bacio, succede. Eppure, nella mia vita precedente, quando tutti parlavano tedesco intorno a me, non avevo bisogno dei film per riempire le ore. Per riempire di vita una esistenza che straboccava di entusiasmo.

Era successo che era Sabato pomeriggio. A Roma. Fuori pioveva, e tutto era già fuggito.

Già.

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