Succedeva una cosa, mentre uscivo dalla metro Colosseo, ore 08:32, Lunedì 31 Gennaio 2011.
Succedeva che per qualche secondo m'ero fermato a riflettere su quanto ammirassi il coraggio della maledetta.
Sì Sì, proprio il suo coraggio.
Succedeva che, m'ero scoperto, per 2 lunghi minuti, affascinato, dal piglio e dall'audacia, della stronza.
Aveva avuto, i coglioni, davvero, la faccia tosta, l'impertinenza, l'egosimo brutale di scaricarmi.
Ora, io sono il principe del regno della mediocrità. Ne sono l'ambasciatore, il Ministro degli Esteri. Ne curo e definisco la politica. Sono l'esponenete massimo del concetto di inadeguatezza, di perenne sofferenza interna per l'incapacità di adattamento - vero - alla vita.
Ma ero anche (tempo imperfetto, naturalmente: si parla della mia vita passata), il bel ragazzo di mondo cui avevan chiesto di fare il modello. Ero anche il fascinoso cinefilo, sempre pronto a ricordare e consigliare film. Ero anche l'instancabile lettore, che poteva partire in viaggio senza boxer di ricambio, ma mai senza un libro. Ero anche il poeta dilettante, che scribacchiava con coraggio e un po' di talento. Ero anche il, forse non grande, ma di certo buon amatore. Ero la persona che non restava impassibile di fronte allo schifo che imperava, che non lesinava mai di offrire 50 centesimi, o un sorriso, agli ultimi. Ero il tipo a cui le donne sorridevano per strada. Che rifiutava l'arrivismo, l'egosimo, la mancanza di rispetto, il razzismo. E queste erano le qualità pubbliche.
Ma per lei, ero anche il ragazzo che aveva lasciato, da un giorno all'altro la sua precedente pluriennale compagna. Ero il ragazzo che l'aveva conosciuta a Graz, e che l'era andata a trovare, in Brasile, cazzo, a 12.000 km di distanza, per dimostrarle quanto tenesse a lei. Anzi, che era andato 2 volte in 2 mesi in Brasile, solo per lei. Per mostrarle che era pronto a tutto, pur di farla felice, e naturalmente esserlo a sua volta a suo fianco.
Ero anche il ragazzo che aveva stravolto la propria vita, solo per piegarla alle sue esigenze, ogni giorno, ogni minuto, ogni ora. Ero la persona che le aveva fatto conoscere Truffaut, Pasolini, Hornby, Steinbeck, Kundera, Orwell, e troppi altri. Ero la persona che l'aveva accompagnata ogni sera alla stazione a prendere il suo treno, ma che mai aveva preteso il gesto fosse ricambiato. Ero quello che la stringeva, che la faceva sentire desiderata ogni attimo. Quello che aveva ingoiato, per amore, i comportamenti più meschini ed atroci. Ero io che ero andato a vivere in un paesino di 5.000 abitanti sulle alpi tedesche, lontano da tutto, solo per poterle stare accanto un giorno a settimana. Ero io che impersonavo la massima: "quando una ragazza piange per un ragazzo vuol dire che tiene al ragazzo, ma quando un ragazzo piange per una ragazza vuol dire che lei è tutta la sua vita."
Ero io che le portavo le tavolette di cioccolato quando uscivamo, e che scrivevo poesie appoggiatole sulla schiena. Era con me che aveva fatto l'amore ovunque e con (quasi) sempre ampia soddisfazione. Ero io che le sorridevo non appena la intravedevo, tra le pieghe delle strade tedesche, ed i vicoli brasiliani. Ero io a cui aveva preso la mano a Graz al pub. Era con me che aveva creato un universo incredibile, pessoiano, ma nella felicità. Era nei miei occhi che aveva potuto intravedere gioia collegata alla sua sola presenza, fedeltà assoluta, al suo corpo, al suo viso, alla sua mente ed ai suoi pensieri. Ed al suo futuro.
Sì, ero tutto ciò e molto di più. E allora cara A., ti ammiro, davvero.
Solo una persona arrogante, egoista, ma anche terribilmente coraggiosa, poteva mollarmi in questo modo disumano. Solo una persona grandiosamente coraggiosa poteva mollare me, Davenne. Sì sì, complimenti.
Davvero, ci voleva una dose assurda di coraggio. E te l'avevi avuto.
Brava.